Il 3 marzo scorso il titolare del MISE concesse un'intervista al Sole 24 Ore, che lasciava intendere come ben presto si sarebbe palesata un'azione rapida ed energica a sostegno delle imprese travolte dalla tempesta Covid-19. A quasi due mesi di distanza, ho sentito la necessità di condividere alcune riflessioni che, spero, giungano al ministro.
Egregio Signor Ministro,
mi riferisco all’intervista da lei rilasciata il 3 marzo scorso al quotidiano economico Il Sole 24 Ore, ripresa anche da altri organi qualificati di stampa, in relazione alle misure shock che sarebbero state presto annunciate per i settori dell’economia più colpiti dall’emergenza e al potenziamento degli incentivi per gli investimenti 4.0.
Lei stesso ha utilizzato le seguenti parole: “siamo in emergenza, dobbiamo fare le cose in fretta ma farle anche bene”. Ebbene, concordo assolutamente: eppure, alla luce del fatto che ad oltre un mese e mezzo di distanza tutto sembra ancora tacere, non posso fare a meno di chiedermi quale sia la reale tempistica burocratica del “fare in fretta”.
In un’azienda (ben governata) solitamente fare in fretta significa rispondere in tempi rapidissimi: a me in passato è capitato di redigere piani di intervento in appena un paio di giorni su diretto input del mio superiore, per poi condividerli e attuarli insieme a lui già la settimana successiva.
Fare in fretta, per tutti - piccoli, medi o grandi imprenditori – ha significato in questi giorni adeguarsi in un batter d’occhio alle direttive emergenziali, riorganizzare il proprio lavoro e quello dei propri collaboratori, a volte reinventarsi nuove opportunità di business: il tutto dall’oggi al domani. Io stesso, da piccolo imprenditore che sono, è dal 24 febbraio che ho scelto, insieme alla mia fidata socia, di mettere in telelavoro alcuni miei collaboratori. Ed è dal 9 marzo che io, lei (la mia socia) e altri collaboratori non abbiamo più messo piede nel nostro ufficio: il che ha comportato la completa riorganizzazione del lavoro. Ci siamo riusciti e i nostri clienti ci ringraziano per questo. In situazioni di emergenza come quella che stiamo attualmente vivendo, esiste solo una necessità: lavorare bene e in fretta, come del resto lei stesso ha affermato.
Ritorno alla sua intervista e a quando, in relazione agli interventi urgenti da attuare, ha parlato di: misure a sostegno dei settori più colpiti dalla crisi (turismo, trasporti, logistica ecc.), incentivi per rottamazione auto e moto, indennizzi mediante credito d’imposta per le imprese più colpite, ecobonus al 100% per investimenti in efficienza energetica, rafforzamento del fondo di garanzia per l’accesso al credito da parte delle PMI. E poi del repowering del piano “Transizione 4.0”, con ritocchi alle aliquote e ai tetti di investimento incentivabili.
Di tutto questo, ad oggi, ovvero ad oltre un mese e mezzo di distanza, qualcosa è certamente partito: briciole. Per tutto il resto, il buio. Possibile?
Prendiamo il piano Transizione 4.0, una misura già finanziata, dai contorni chiari e sulla quale si potrebbe agire rapidamente.
Risulta a tutti evidente che gli investimenti sono fermi e che i fondi stanziati possono quindi essere utilizzati per un più corposo rifinanziamento di questa misura nella seconda parte dell’anno. Bene. C’è un però, egregio Ministro: investire in tecnologia non è come andare al supermercato e scegliere un prodotto dallo scaffale. Significa pianificare, lavorare in partnership con i fornitori e mettere in campo un piano su un orizzonte temporale di mesi: si pensi solamente al cantieramento e alla pianificazione delle attività per costruire non dico un impianto, ma una macchina utensile personalizzata. Ecco perché bisogna fare in fretta (e non solo bene), come giustamente lei ha detto. Gli imprenditori, per pianificare, hanno bisogno di avere risposte rapide, certe e veloci.
E proprio in questo sta, purtroppo, la più forte delle debolezze attuali: il disallineamento delle due velocità a cui viaggiano da un lato la macchina burocratica, dall’altro l’economia reale. Io spero tanto che la lezione che il Covid-19 sta dando a tutti noi serva a capire (anche) questo: ad arrivare tardi in stazione è quasi certo che il treno sia perso.
Caro Ministro, a me lei sembra una persona perbene, seria. Spero tanto che lei, ma anche i suoi Colleghi di Governo, possano accogliere queste mie riflessioni in un’ottica costruttiva e non di critica avulsa.
Sempre, nonostante tutto e ora più che mai, sono orgoglioso di essere italiano. Vorrei tanto esserlo anche del Governo.
Cordialmente
Alberto Taddei
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